IO

IO
...quando scrivo.

mercoledì 14 marzo 2012

Un caffè...e una vita.


La via è affollata, gente che viene, ragazzini che corrono ma non è giorno di scuola oggi? E poi cacchio di quel colloquio non mi hanno fatto sapere più niente! Ma è mai possibile che devi pregare di lavorare? Eppoi fra un po' scade pure l'abbonamento alla televisione...la guardassi poi io quella scatola! Vabbè diciamo che siamo a fine mese e allora Giovanni prenderà lo stipendio. Magari non tutto e subito, per carità, ma intanto l'affitto lo paghiamo. Poi c'è la bolletta della luce, quella , ho l'impressione, che non possa aspettare. Acc...!! Book non mi passare davanti che poi finisce che mi leghi i piedi! Come quella volta che eravamo a via del corso. Ti ricordi Book? Una folla di stranieri sudati e con i panini in mano, un caldo torrido e tu che hai visto una fontanella decidi di correre. Che tipo!! Mi si allaccia il guinzaglio alla caviglia e patapunfete!! Una figura! E la giapponesina, la metà di me, che tenta di raccogliermi!...ho caldo..e..e mi gira un po' la testa e ..Book??...Book?..
“Signorì?...Signorì?"
Il viso rugoso e sdentato di un signore dai capelli bianchi mi guardava dall'alto, con lo sfondo di un cielo plumbeo e di qualche testa riccioluta di bambino che non è andato a scuola.
Sebbene non fosse un gigante mi sovrastava e la sua voce si tramutava in un: “Come stai??”
"B..bene..credo.." borbottai. ...che diavolo è successo pensai.
"Bè nun sembrerebbe, stai stesa su via Tuscolana!" La sua voce mi destò da quel pensiero, dandomi un senso logistico di dove mi trovassi.
"Che devo da chiamà l'ambulanza e ce la famo da soli?"
Mi alzai sui gomiti, con le sue mani nodose, che mi aiutavano in questa non facile operazione. Come diavolo avevo fatto a incastrarmi con lo zaino, le borse e col guinzaglio di Book? Forse perché avevo lo zaino, le borse e Book che trotterellava intorno...o forse perché... già...o forse perché...
"Niente ambulanza ce la faccio..si si sto bene!" guadagnai la posizione da bipede. Book saltava come una rana in uno stagno, felice di vedermi in piedi. Guardai quell'omino che cercava di radunare le buste della spesa aperte sul marciapiede. Raccogliere pomodori e zucchine su via Tuscolana era una scena talmente buffa che in un altra occasione mi sarei presa la briga di riderci su. Solo, ovviamente, stavolta l'occasione riguardava me. E non c'era niente da ridere.
Eccolo li. Piccolo, ma con grandi vene azzurre che cercavano di resistere attaccate alle ossa sotto un sottile strato di pelle. Schiena curva da lavoratore dipendente da una vita. Jeans del mercato rionale, che si vede che non sono proprio all'ultimo grido..e...
"Signorì!? dopo che m'hai fatto la lastra te va de venì con me a pià un caffè?..te girava la testa..mesà!!" La sua era più un osservazione che una domanda. E senza aspettare la mia risposta si dirige, buste in mano, verso il bar. Book guardava ora me ora lui. Aspettava che io facessi qualcosa o che almeno salvassi il suo pranzo.
"Si credo.." rispondo titubante. Ma mi avrà sentita? Io l'apparecchio acustico non l'ho visto. Giuro!
Entrammo nel bar che aveva assistito alla mia dipartita e con fare cavalleresco, l'omino gentile, mollò giù il mio pranzo e qualche cena e mi porse la sedia. Un corale "Ciao cesare!" salutò il suo entrare al bar.
Al ragazzo dietro al bancone disse :"Du caffè!! Bboni me riccomanno, che sta regazzetta c'avuto un calo de pressione!" il giovanotto dietro al bancone sorrise dietro ai brufoli e a un breve accenno di barba. Mise le buste cariche di verdure sotto il tavolino e Book annusò le sue mani. Lui gli regalò una strizzata di orecchie.
Aspettò che l'imberbe barista “confezionasse” i due caffè, prese le due tazzine con mani tremolanti, tanto che dubitai del loro arrivo e poi si accomodò davanti a me. Scelse con cura due bustine di zucchero e le versò nel liquido “miracoloso”. Si vedeva che per lui era come un rito e si vedeva che con quei gesti stava dicendo calma..prendiamoci tempo.
Mescolò con cura e poi mi passò il mio. Mi guardò negli occhi e sorrise. Una fila di “non denti” aprì il sipario a un'anima troppo vissuta. A una vita di lavoro, di cose che non si sa come dire, perché gli studi chi l'ha fatti? A un tempo che è ormai troppo perché chi ci stava a fianco “è andato a fare un viaggio”. A dei figli che c 'hanno un lavoro importante e dunque poco tempo per un caffè. Ci guardammo in silenzio col rumore delle tazzine che escono dalla lavastoviglie e un panino che soffia profumi di hamburger e cipolle. Il telefono che squilla. E.. "scusa che mi dai un pacchetto di marlboro?"da un ragazzetto con troppi piercing.
Il caffè era buono. Lui lo tracannò come fosse abituato a quella droga dei poveri. Cincischiò con lo zucchero rimasto sul fondo e continuò a guardami. Io imbarazzata e con un mal di schiena da Guinnes dei primati, sorrisi a mia volta. Gli occhi negli occhi e Book adagiato sopra i suoi piedi. Per un lungo attimo mi sembrò che, stavolta, era lui a fare la lastra a me.
Abbassai lo sguardo sul tavolo e un pensiero mi alleggerì il cuore..
Spinsi indietro la sedia e, forse non solo quella, feci la conta delle mie cose e poi lo guardai di nuovo.
"Devo andare ora...grazie di cuore." e tornai nei suoi occhi, per un breve istante, mi alzai per pagare e la signora alla cassa mi fermò con un: "C'ha penzato già er sor Cesare" e lo guardò dalla larghezza dei suoi quasi cento chili.
Io,invece, guardai lui con gratitudine.
"Grazie Cesare, lei è stato veramente gentile! Arrivederci!"
Mi guardò con occhi dolci e mi rispose..
"Arrivederci..eeeh..regazzì?...."
Sorrise..
"Sto pupo che deve nasce! Tiello! "
Sorrisi.
Via Tuscolana era sempre affollata. Forse di più di prima.
Ma si...che aspetti anche l'abbonamento a mamma RAI..e magari, al padrone di casa, chiediamo se si può pagare un po' meno per i primi tempi..e alla fine chissenefrega!!! Dove si mangia in due si mangia pure in tre, diceva sempre nonna. Magari ar Sor Cesare gli posso chiedere se qualche volta il “pupo” ce lo tiene lui.
Continuai a sorridere.