La via è
affollata, gente che viene, ragazzini che corrono ma non è
giorno di scuola oggi? E poi cacchio di quel colloquio non mi hanno
fatto sapere più niente! Ma è mai possibile che devi pregare di
lavorare? Eppoi fra un po' scade pure l'abbonamento alla
televisione...la guardassi poi io quella scatola! Vabbè diciamo che
siamo a fine mese e allora Giovanni prenderà lo stipendio. Magari
non tutto e subito, per carità, ma intanto l'affitto lo paghiamo.
Poi c'è la bolletta della luce, quella , ho l'impressione, che non
possa aspettare. Acc...!! Book non mi passare davanti che poi finisce
che mi leghi i piedi! Come quella volta che eravamo a via del corso.
Ti ricordi Book? Una folla di stranieri sudati e con i panini in
mano, un caldo torrido e tu che hai visto una fontanella decidi di
correre. Che tipo!! Mi si allaccia il guinzaglio alla caviglia e
patapunfete!! Una figura! E la giapponesina, la metà di me, che
tenta di raccogliermi!...ho caldo..e..e mi gira un po' la testa e
..Book??...Book?..
“Signorì?...Signorì?"
Il viso rugoso e
sdentato di un signore dai capelli bianchi mi guardava dall'alto, con
lo sfondo di un cielo plumbeo e di qualche testa riccioluta di
bambino che non è andato a scuola.
Sebbene non fosse
un gigante mi sovrastava e la sua voce si tramutava in un: “Come
stai??”
"B..bene..credo.."
borbottai. ...che diavolo è successo pensai.
"Bè nun
sembrerebbe, stai stesa su via Tuscolana!" La sua voce mi destò
da quel pensiero, dandomi un senso logistico di dove mi trovassi.
"Che devo da
chiamà l'ambulanza e ce la famo da soli?"
Mi alzai sui
gomiti, con le sue mani nodose, che mi aiutavano in questa non facile
operazione. Come diavolo avevo fatto a incastrarmi con lo zaino, le
borse e col guinzaglio di Book? Forse perché avevo lo zaino, le
borse e Book che trotterellava intorno...o forse perché...
già...o forse perché...
"Niente
ambulanza ce la faccio..si si sto bene!" guadagnai la posizione
da bipede. Book saltava come una rana in uno stagno, felice di
vedermi in piedi. Guardai quell'omino che cercava di radunare le
buste della spesa aperte sul marciapiede. Raccogliere pomodori e
zucchine su via Tuscolana era una scena talmente buffa che in un
altra occasione mi sarei presa la briga di riderci su. Solo,
ovviamente, stavolta l'occasione riguardava me. E non c'era niente da
ridere.
Eccolo li.
Piccolo, ma con grandi vene azzurre che cercavano di resistere
attaccate alle ossa sotto un sottile strato di pelle. Schiena curva
da lavoratore dipendente da una vita. Jeans del mercato rionale, che
si vede che non sono proprio all'ultimo grido..e...
"Signorì!?
dopo che m'hai fatto la lastra te va de venì con me a pià un
caffè?..te girava la testa..mesà!!" La sua era più un
osservazione che una domanda. E senza aspettare la mia risposta si
dirige, buste in mano, verso il bar. Book guardava ora me ora lui.
Aspettava che io facessi qualcosa o che almeno salvassi il suo
pranzo.
"Si credo.."
rispondo titubante. Ma mi avrà sentita? Io l'apparecchio
acustico non l'ho visto. Giuro!
Entrammo nel bar
che aveva assistito alla mia dipartita e con fare cavalleresco,
l'omino gentile, mollò giù il mio pranzo e qualche cena e mi porse
la sedia. Un corale "Ciao cesare!" salutò il suo entrare
al bar.
Al ragazzo dietro
al bancone disse :"Du caffè!! Bboni me riccomanno, che sta
regazzetta c'avuto un calo de pressione!" il giovanotto dietro
al bancone sorrise dietro ai brufoli e a un breve accenno di barba.
Mise le buste cariche di verdure sotto il tavolino e Book annusò le
sue mani. Lui gli regalò una strizzata di orecchie.
Aspettò che
l'imberbe barista “confezionasse” i due caffè, prese le due
tazzine con mani tremolanti, tanto che dubitai del loro arrivo e poi
si accomodò davanti a me. Scelse con cura due bustine di zucchero e
le versò nel liquido “miracoloso”. Si vedeva che per lui era
come un rito e si vedeva che con quei gesti stava dicendo
calma..prendiamoci tempo.
Mescolò con cura
e poi mi passò il mio. Mi guardò negli occhi e sorrise. Una fila di
“non denti” aprì il sipario a un'anima troppo vissuta. A una
vita di lavoro, di cose che non si sa come dire, perché gli studi
chi l'ha fatti? A un tempo che è ormai troppo perché chi ci stava a
fianco “è andato a fare un viaggio”. A dei figli che c 'hanno un
lavoro importante e dunque poco tempo per un caffè. Ci guardammo in
silenzio col rumore delle tazzine che escono dalla lavastoviglie e un
panino che soffia profumi di hamburger e cipolle. Il telefono che
squilla. E.. "scusa che mi dai un pacchetto di marlboro?"da
un ragazzetto con troppi piercing.
Il caffè era
buono. Lui lo tracannò come fosse abituato a quella droga dei
poveri. Cincischiò con lo zucchero rimasto sul fondo e continuò a
guardami. Io imbarazzata e con un mal di schiena da Guinnes dei
primati, sorrisi a mia volta. Gli occhi negli occhi e Book adagiato
sopra i suoi piedi. Per un lungo attimo mi sembrò che, stavolta, era
lui a fare la lastra a me.
Abbassai lo
sguardo sul tavolo e un pensiero mi alleggerì il cuore..
Spinsi indietro
la sedia e, forse non solo quella, feci la conta delle mie cose e poi
lo guardai di nuovo.
"Devo andare
ora...grazie di cuore." e tornai nei suoi occhi, per un breve
istante, mi alzai per pagare e la signora alla cassa mi fermò con
un: "C'ha penzato già er sor Cesare" e lo guardò dalla
larghezza dei suoi quasi cento chili.
Io,invece,
guardai lui con gratitudine.
"Grazie
Cesare, lei è stato veramente gentile! Arrivederci!"
Mi guardò con
occhi dolci e mi rispose..
"Arrivederci..eeeh..regazzì?...."
Sorrise..
"Sto pupo
che deve nasce! Tiello! "
Sorrisi.
Via Tuscolana era
sempre affollata. Forse di più di prima.
Ma si...che
aspetti anche l'abbonamento a mamma RAI..e magari, al padrone di
casa, chiediamo se si può pagare un po' meno per i primi tempi..e
alla fine chissenefrega!!! Dove si mangia in due si mangia pure in
tre, diceva sempre nonna. Magari ar Sor Cesare gli posso chiedere se
qualche volta il “pupo” ce lo tiene lui.
Continuai
a sorridere.